Fonte termale di Vanzone con San Carlo, Monte Rosa

La Miniera aurifera dei Cani in Valle Anzasca e le sue Sorgenti Arsenicali

Ing. A. STELLA

(Estratto dalla Rassegna Mineraria e della Industria Chimica)

Miniere e sorgente di regione “Cani” in Valle Anzasca son note a memoria d’uomo ai valligiani. Facendo infatti astrazione dai lavori di cui sonvi le prove, e da quelli antichissimi di cui v’è tradizione in paese, vi fu nella prima metà del secolo scorso qui (come nel resto dell’Ossola) una coltivazione che direi patriarcale, ma sagace e relativamente attiva dei giacimenti auriferi, con lavori limitato a spogliare le parti più ricche, specialmente in prossimità degli affioramenti, e con estrazione dell’oro mediante numerosi mulinetti di amalgamazione, vicini alle miniere. Solo nella seconda metà del secolo subentrò qui pure una coltivazione industriale, spinta a maggior profondità; con impianti di telefori; e con trattamento complesso del minerale in apposito stabilimento (al Battigio), allo scopo non solo di estrarne l’oro, ma di utilizzarne la pirite di ferro. Questo secondo periodo, sviluppatosi specialmente nell’ultimo decennio del secolo scorso, si spense con esso.

Chi oggi da Piedimulera rimonta la Valle Anzasca lungo la strada rotabile, oltrepassa, fra le borgate di San Carlo e Vanzone un rio singolare detto di Crotto Rosso, dal colore vivamente ocraceo del greto per il tributo che riceve da un certo numero di scoli e sorgenti mineralizzate provenienti dalle gallerie abbandonate della vecchia miniera.

Di queste acque minerali e dei giacimenti minerari, cui esse sono strettamente legate, dobbiamo qui farci un concetto adeguato.

L’antica concessione mineraria detta dei Cani, dalle cui gallerie sgorgano le acque minerali, si domina molto bene dalla baracca della miniera che sorge a 1473 metri di altitudine a cavalcioni del costolone principale di questo duplice bacino. E’ un circo dirupato, chiuso a monte, cioè a nord, dalla cresta divisoria con Valle Bianca e costituito essenzialmente (almeno nella parte che qui ci interessa) di scisti micaceo-gneisici, talora anfibolici. Le testate dei banchi fortemente raddrizzati, si vedono abbastanza bene affiorare con un singolare andamento ad arco aperto a nord, cinto tutto attorno esternamente da una grande fascia di “pietre verde” (eufotidi, anfiboliti, serpentine). Entro a questi scisti sono racchiusi i giacimenti piritoso-auriferi che furono oggetto di ricerche e coltivazioni minerarie per lo passato, a cui sono legate le sorgenti minerali.

Questi giacimenti si presentano con quella disposizione che si suol chiamare di filoni-strati; e vale a dire per entro la massa stratificata degli scisti micaceo-gneisici anzidetti si hanno dei filari speciali concordamente interposti fra banco e banco e più o meno fortemente mineralizzati.

Questi filari mineralizzati, sebbene discontinui e non uniformi, sono abbastanza numerosi, e nella concessione Cani vengono a trovarsi distribuiti in tre principali gruppi: cioè quello esterno, o gruppo Mazzeria; quello centrale o gruppo Cani; quello interno, o gruppo Sasso Nero (1). Il gruppo centrale, pare il più importante. E’ quello su cui si fecero maggiori di coltivazione anche recenti, e più ci interessa anche in rapporto alle acque minerali; giacché di quattro sorgenti arsenicali fu presa per ora in speciale considerazione una che sgorga nel così detto ribasso dei Cani, a circa 300 m. dal suo sbocco.

I filari mineralizzati non sono continui; assumono spesso forma di lenti sottili allungate, disposte discontinuamente in un piano di stratificazione o anche in più piani di stratificazione degli scisti includenti – e formano appunto i singoli gruppi sopra distinti e denominati. Avviene anche che due filari contigui si riuniscano in uno, per bipartirsi di nuovo; ma è raro il caso che essi escano dal piano di stratificazione o mandino vene trasversali ad esso.

A seconda del senso in cui è disposto il diametro massimo di esse lenti, cioè, o nel senso della direzione, o nel senso della pendenza degli strati, vengono dai minatori chiamate coi nomi espressivi di “pesci” e di “spade”; mentre sono dette “ghiande” le lenti molto ridotte e passanti a semplici noccioli mineralizzati.

Non è da confondere la potenza dei gruppi di filari, o di lenti, che suol raggiungere anche più metri, collo spessore di ciascun filare o lente, che appena oscilla da pochi centimetri a qualche decimetro; essendo rare le lenti pari o maggiori di un metro; eccezionali nel gruppo Cani alcuni raggiungenti da 3 m. a 5 m. di spessore.

L’area su cui si sviluppano le lavorazioni della concessione Cani è di ½ km circa secondo la prevalente direzione presso a poco da S. a N. e della metà in senso normale; mentre il dislivello fra il ribasso inferiore (ribasso Cani) e gli scavi a giorno più alti (Cavetta) supera i 300 metri.

Si può dire che questi filari minerali sono essenzialmente costituiti in modo analogo agli scisti micaceo-gneisici che li racchiudono; salvo che risultano molto più ricchi in parti quarzose, e irregolarmente impregnati di solfuri metallici.

Questa ganga costituisce il “minerale aurifero”, del quale si possono, distinguere due varietà, e cioè “minerale quarzoso” con molto quarzo e mosche, specialmente di pirite gialla (di ferro); e “minerale piritoso” a ganda meno quarzosa fortemente impregnata di pirite gialla intimamente commista a pirite bianca (arsenopirite). L’oro però rarissimamente è visibile allo stato nativo, eventualmente nel cappellaccio.

Tenori in oro elevati, pari a uno o più centinaia di grammi per tonnellata di minerale, sono tenori riferibili soltanto a campioni eccezionali, non a masse di minerale. Il tenore medio oscillante da 10 a 20 grammi per tonnellata di minerale, quale è riferito nei Cenni sui giacimenti minerali italiani pubblicati dal R. Corpo delle Miniere nel 1898 (1) può essere ritenuto attendibile, come tenore medio oscillante dal minerale quarzoso al minerale piritoso; ammettendo che nel primo possa talora essere un poco maggiore di 20, e spesso minore di 10 nel secondo. E’ sempre inteso, che questi tenori medi sono da riferirsi al minerale che ha già subito una prima cernita almeno in cantiere. Ciò sarebbe in accordo col tenore medio di 15 gr. attribuito al minerale già ripetutamente scelto, che la società esercente esportava dal Battigio a Milano per gli ulteriori trattamenti nell’ultimo decennio di coltivazione della miniera.

Ci interessa di notare, come i solfuri metallici del minerale siano vari e variamente distribuiti. Prevalentemente la pirite, importante la arsenopirite, subordinate la calcopirite, la galena e la blenda; così che l’insieme del minerale aurifero oltre ad oro e argento, contiene ferro, rame, piombo e zinco in combinazione con solfo e arsenico.

Quanto alla ganga del minerale, essa, come ho detto, oltre al molto quarzo e talora poca calcite, contiene parti costituite come gli scisti micaceo-gneisici che formano la roccia madre dei giacimenti. E dall’esame macroscopico e microscopico mi risulta, che queste parti constano essenzialmente di quarzo, feldispati, miche e clorite: e subordinatamente di grafite, granato, tormalina, rutilo. Così che nella ganga si vengono ad avere, oltre a silice libera, dei silicati e silicoalluminati di ferro, terre alcaline e alcali; inoltre un contenuto in carbonio, acido borico, acido titanico, oltre a traccie eventuali di elementi più rari (2).

Tale essendo la complessa composizione dei nostri filoni-strati, se noi pensiamo che dagli affioramenti superficiali di essi l’acqua si infiltri e vi circoli e discenda, troviamo qui le condizioni favorevoli a quell’insieme di reazioni chimiche, che fanno passare in soluzione una certa quantità di sostanze minerali, ciò che hanno perfetto di mineralizzare l’acqua medesima in relazione alla mineralizzazione eccezionale dalle parti da essa percorse. Onde all’uscita di quest’acqua più in basso sotto forma di sorgente, non dovremo meravigliarci di aver un’acqua fortemente minerale.

Che lungo i nostri filoni-strati avvengano per opera di acque meteoriche, fenomeni di soluzione e reazioni complesse con rideposizioni, è provato dall’alterazione profonda e generale dei nostri filoni-strati ai loro affioramenti (cappellaccio); dalla presenza frequente di quel generale sottile deposito ocraceo (nel quale suole essere elevato il tenore in oro amalgamabile) che i minatori ossolani chiamano “scavatura” al riposo e più di rado al tetto di questi giacimenti; e infine da vene e nidi di calcite secondaria e da sfioriture e incrostazioni di ossidi, carbonati, solfati e arseniati in alcune parti dei giacimenti.

Questi fenomeni del resto sono comuni a tutti gli analoghi giacimenti metalliferi; ed è notorio, che molte delle più usate acque minerali hanno origine appunto da giacimenti metalliferi, e alcune anzi escono da vere gallerie di vecchie miniere. Tali ad es. Levico e Roncegno, arsenicali come le nostre.

Onde il sapore stesso di esse acque stitico e dolciastre, e la prova visibile della loro saturazione nel forte deposito di colore ocraceo, che in parte ne defluisce sotto forma di fanghiglia, e in parte a formato incrostazioni, stalattiti e stalagmiti magnifiche, le quali danno all’ultima tratta della galleria di ribasso l’aspetto di una grotta naturale di fantastico aspetto.

Roma, Regio Ufficio Geologico, dicembre 1906

Ing. A. STELLA

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